giovedì - 26 Dicembre - 2024
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    La storia commovente di Anna, fioraia ridotta alla fame a causa del Covid. Grandi aziende hanno risposto in suo aiuto

    Una storia che ha commosso l’Italia intera, quella raccontata da Anna, una fioraia di soli 30 anni, che adorava il suo lavoro. Era una fioraia insieme a suo marito e dal 2017 gestiva una piccola fioreria tirata su con amore e fatica.

    «Niente più eventi, niente più matrimoni, né comunioni, niente di niente, e nessuno che comprava più fiori». Ora non ha più un lavoro, non ha più denaro sufficiente per vivere, pagare le bollette: «Mi sono ritrovata così, senza niente, senza lavoro, senza entrate, senza un euro sul conto in banca. E non avevo soldi neppure per comprare i pannolini a mio figlio di quindici mesi. Mi sono vergognata, non mi era mai successo di arrivare a tal punto, ma questa pandemia ha messo in ginocchio la mia famiglia».

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    E poi: «Mi hanno detto che il percorso prevede la presa in carico della nostra famiglia da parte di un assistente sociale, quando me l’hanno detto mi sono messa a piangere perché ho avuto paura che mi portassero via mio figlio perché non siamo in grado di sfamarlo».

    Il Corriere della Sera, che ha pubblicato la sua storia, ha ricevuto molte richieste di solidarietà rivolte ad Anna:

    «Buongiorno, vorrei aiutare la signora Anna, come posso contattarla?». Questa è stata la domanda che ieri mattina è stata ripetuta da numerosi utenti che hanno letto e visto le interviste. Non solo persone singole, ma anche aziende hanno chiamato per aiutare la signora. Tra questi P&G, la multinazionale che tra i suoi brand include anche Pampers. «A Natale abbiamo la svendita interna di prodotti aziendali, se fosse possibile ci farebbe piacere mandare qualche pacco di pannolini alla ragazza. Basta che mi facciate sapere che taglia è il bimbo e dove spedire. Non è molto, ma forse sarebbe un pensiero in meno».

    Anna non è l’unica ad essere stata aiutata, la storia di Silvia, che ha rischiato di vedersi staccare la corrente a causa di un debito di bollette non pagate.

    Silvia gestiva un bed&breakfast insieme a suo marito, al centro di Firenze. Un lavoro a lei molto gradito e che le assicurava un entrata garantita di 2.000 euro al mese.

    Poi è arrivato il Covid e i turisti non hanno più fatto richieste e prenotazioni. «In sole 24 ore sono state cancellate tutte le prenotazioni fino a dicembre 2020. E io mi sono ritrovata con un pugno di mosche in mano».

    Niente più turisti, niente più affitti, niente più entrate. E come si fa, quando hai due figli e il lavoro del marito è precario? «Giorno dopo giorno, i soldi in banca si appiattivano sempre di più, fino a raggiungere quota zero. E così, mi sono ritrovata a non avere più liquidità nemmeno per fare la spesa, per comprare i pannolini ai miei figli piccoli, per comprare loro da mangiare». Anche per lei tante richieste di aiuto, come quella di una signora che è sia mamma che figlia: «La solidarietà in questi casi prima di tutto». E poi una proposta: «Sarebbe bello se i negozi vendessero due capi bimbi al prezzo di uno».